Avanguardia dei tanti blockbusters a venire, il secondo film della Marvel dedicato all’Uomo Formica è un mix - non sempre ben amalgamato - di fantascienza, avventura e umorismo.
In attesa della già da tempo annunciata “tornata” 2019 che vedrà l’esordio della supereroina Capitan Marvel accompagnarsi ai sequel degli ormai ben noti Avengers e Spider-Man, i Marvel Studios chiudono l’ennesimo anno di successi con il secondo capitolo di Ant Man, qui affiancato da nuovi e vecchi personaggi.
Prima del titano e dopo la guerra civile
Ant Man & The Wasp si colloca appena prima di Avengers: Infinity War, pellicola uscita lo scorso maggio dove (quasi) tutti i supereroi Marvel fino ad allora apparsi sullo schermo si trovavano ad affrontare l’imbattibile titano Thanos. Tutti tranne appunto Ant Man, assente (sino ad ora) ingiustificato. In questo sequel scopriamo così che il nostro eroe è agli arresti domiciliari per aver militato col “fuorilegge” Capitan America nel precedente “Captain America: Civil War”, a riprova che la continuity cinematografica – replica non fedele di quella fumettistica - continua ad essere il focus principale dei Marvel Studios. In questo secondo capitolo, “l’Uomo Formica” Scott Lang si trova nuovamente al fianco Hope Van Dyne (Evangeline Lily), figlia dell’Ant Man originale (Michael Douglas, incredibilmente in forma nella parte), qui promossa a eroica coprotagonista negli altrettanto minuscoli panni di Wasp. A lei vanno ad aggiungersi la splendida Michelle Pfeiffer e i “cattivi” Lawrence Fishburne e Hannah John-Kamen. Le novità della pellicola però si fermano qui.
Cambiar tutto per cambiare poco
Quando nel 2015 arrivò nelle sale Ant Man, per la Marvel fu una scommessa al pari del primo Iron Man. Si puntava al botteghino con un supereroe poco o nulla conosciuto, con una sceneggiatura rimaneggiata più volte e un cambio di regista quasi in corso d’opera (prassi oggi ormai consolidata alla Disney, vedi Star Wars: Solo o il recentissimo “caso James Gunn”). Il risultato fu tutto sommato sorprendente. Così, tre anni dopo gli studios puntano sullo stesso regista, per buona parte sugli stessi attori e sulle medesime trovate narrative. Così, quel che prima era una novità qui diventa consuetudine: molto risulta essere già visto (i monologhi deliranti di Michael Peña, le baruffe fra Scott e Hope) e non del tutto inedite finiscono per essere anche le scene d’azione spesso giocate sul cambio improvviso di dimensioni dei protagonisti e degli oggetti. Non aiutano i cattivi di turno: troppi e usati in modo troppo superficiale.
Deadpool? No, grazie
Detto questo, Ant Man & The Wasp non è affatto da buttare. Seppur meno brillante rispetto al predecessore (e fortunatamente lontano dall’umorismo beceramente fine a sé stesso di un Deadpool), nel suo non voler rischiare alla fine risulta essere un piacevole Marvel “minore”, quasi un’operazione defaticante dopo la tragicità degli eventi messi in moto da Infinity War. Per cui, riconosciuti tutti i limiti di cui sopra, ci si può tranquillamente abbandonare alla simpatia dei protagonisti e alle ottime scene d’azione senza particolari sensi di colpa cinefili.
Perché vederlo
Fedele alla formula “azione + umorismo”, Ant Man è il lato “leggero” della Marvel e in quanto tale garantisce due ore lontane da pretese autoriali (qualcuno ha detto Nolan?) e umorismo pesante (qualcuno ha detto Deadpool?).
Perché non vederlo
Avengers: Infinity War ha alzato le aspettative verso i film Marvel. Chi si aspetta la stessa profondità si dovrà accontentare di una innocua commedia per famiglie.